21 Marzo 2024

PSA: gli interventi dell’Emilia-Romagna presentati nei territori

(Di Cristiano Loddo)

Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena: queste in rassegna le tappe in cui la Regione Emilia-Romagna nell’ultimo mese – con l’intervento dell’assessore all’agricoltura Mammi e dei dirigenti degli assessorati all’agricoltura e alle politiche per la salute – ha promosso, in uno con la presentazione delle strategie, il confronto fra gli attori coinvolti nei singoli territori per il contrasto alla diffusione della PSA.

“In questi incontri”, ha sottolineato Mammi, “abbiamo deciso di coinvolgere tutti i soggetti del territorio, dai presidenti di Provincia ai sindaci, dalle rappresentanze degli allevatori a quelle dei salumifici, dagli Ambiti territoriali di caccia alle associazioni venatorie e agricole, perché crediamo che in un momento come questo sia necessario un grande sforzo da parte di tutti per ridurre i rischi di circolazione del virus. Per questo abbiamo definito degli obiettivi chiari di depopolamento, condivisi anche con gli Atc del territorio, che fanno parte di una strategia più complessiva che stiamo illustrando negli incontri programmati”.

Al centro della discussione, la strategia messa a punto con l’ausilio dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, per ridurre la circolazione del virus nelle province oggi interessate, concentrata, in particolare, nell’attività di riduzione della popolazione di cinghiali nelle aree poste all’interno del confine delle tre reti autostradali A1, A15 e A21, vicine al distretto di Langhirano.

Fra gli strumenti adottati dalla Regione: tre bandi, per complessivi 10 milioni di euro, volti a finanziare l’innalzamento dei livelli di biosicurezza negli allevamenti e nelle aziende; il rinnovo dell’accordo con le Polizie provinciali con finanziamenti per la riduzione dei cinghiali sul territorio; l’utilizzo di circa 2 milioni di euro per l’attività di depopolamento, l’acquisto di sistemi di cattura PIG BRIG e la logistica necessaria per la gestione delle carcasse.

Numerosi i temi sollevati dai partecipanti agli incontri, che hanno contribuito a delineare un quadro più chiaro e consapevole delle azioni che possono essere messe in pratica per il depopolamento dei cinghiali, a comprendere gli aspetti normativi, regolamentari e amministrativi che necessitano di modifica o di semplificazione per consentire un perseguimento più efficace ed efficiente degli obiettivi di contrasto alla diffusione. In tal contesto si pone anche la riforma in corso del regolamento regionale per la gestione degli ungulati.

Tra le novità proposte: vengono eliminati tutti i vincoli al numero massimo di esemplari di cinghiale prelevabili e a tutte le assegnazioni per sesso ed età; proposta la possibilità di avere un maggior numero di cacciatori nelle azioni collettive in braccata (fino a otto) e girata (fino a quattro), ma con spazio per organizzare le squadre per le braccate anche con un numero ridotto di persone e di cani; riduzione da 40 a 30 del numero di cacciatori che si devono iscrivere a ogni squadra di braccata per rendere più semplice l’organizzazione di queste azioni.

Nel corso degli incontri, decisiva – nelle affermazioni di tutti gli attori coinvolti – la costituzione di cabine di regia territoriali al fine di condividere obiettivi e dati, risolvere problematiche organizzative e monitorare l’evoluzione della situazione. In tal contesto – ha evidenziato anche ASSICA durante gli incontri – è necessario che le strategie trovino una propria condivisione e uniformazione, per essere più efficaci, mediante un coordinamento fra le Regioni confinanti in quanto la gravità dell’emergenza, i rischi di incremento dei danni che la filiera intera ha già subito e i pericoli per l’export che ne derivano necessitano di un fronte operativo unito negli intenti, sinergico e coordinato; forte preoccupazione per le produzioni e per l’operatività delle aziende espressa anche dai Consorzi di tutela dei prodotti DOP che sono intervenuti agli incontri.

Per attenuare i pregiudizi economici per i territori coinvolti dall’emergenza, in una missiva trasmessa al MASAF e al MINSAL nel febbraio scorso, gli assessori Mammi e Donini hanno chiesto al Governo la dichiarazione di stato di calamità naturale, “per consentire alle produzioni che rientrano nelle zone di restrizione – allevamenti e aziende della trasformazione che subiscono i primi effetti della diffusione del virus – di accedere ai benefici fiscali previsti dalla legge in casi di calamità, quali agevolazioni e sospensioni dei mutui o misure rivolte ai lavoratori”.

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