7 Giugno 2023

Salumi: l’aumento dei costi di produzione e l’inflazione frenano produzione e consumi

(di Laura Falasconi)

Il 2022 ha rappresentato per l’Italia, come per il resto dell’UE, un punto di discontinuità nella storia recente e nelle relazioni politiche fra i grandi blocchi presenti sullo scacchiere mondiale. Alle prese ancora con i postumi del Covid-19 e con il rialzo dei costi di energia e alimentari innescati dal rimbalzo della domanda post Covid, il nostro Paese si è trovato a dover fronteggiare, in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, una situazione particolarmente difficile a causa della sua forte dipendenza dalle forniture di gas russo.

A seguito del conflitto, infatti, le quotazioni di energia e beni alimentari, che avrebbero dovuto mostrare un rientro in primavera, hanno raggiunto nuovi record e quello che avrebbe dovuto essere un fatto temporaneo ha assunto le dimensioni di un’emergenza strutturale, generando una spirale di forti aumenti dei prezzi. L’inflazione ha ripreso così a salire come non avveniva dagli anni ’80 e le Banche Centrali hanno adottato politiche monetarie restrittive aumentando i tassi di interesse. Il rialzo dei tassi ha ulteriormente ridotto la capacità di acquisto delle famiglie e ha reso più oneroso per le aziende il ricorso al credito.

CONTRAZIONE DELLA PRODUZIONE DI SUINI

In questo contesto difficile, le aziende del comparto suinicolo sono risultate particolarmente colpite dalle dinamiche dei prezzi. L’aumento delle bollette energetiche, essendo l’utilizzo dell’energia altamente impattante sui processi di lavorazione e conservazione delle carni, ha inciso in maniera marcata sui bilanci aziendali così come l’incremento dei costi dei beni accessori (carta, plastica, legno, imballaggi ecc.). Inoltre, gli aumenti delle commodity agricole, in particolare grano e mais, hanno innescato una crescita dei costi dell’alimentazione dei suini. Fatto, questo, che assieme ad altre problematiche specifiche (minore domanda proveniente dalla Cina, adozione di normative più stringenti in materia di allevamento, focolai di PSA) ha determinato una contrazione della produzione nazionale ed europea di suini, facendo salire i prezzi della carne suina. Nel 2022 le quotazioni dei principali tagli di carne suina nazionali hanno, infatti, evidenziato in media incrementi di circa il 20% con punte di oltre il 30% per la coscia destinata alla produzione delle DOP mentre il prezzo medio delle importazioni di carni suine è salito del 26,1%.

Tutto ciò ha determinato un aumento importante dei costi di produzione, che ha messo sotto pressione i margini delle imprese di trasformazione per l’impossibilità di trasferire a valle aumenti dei prezzi sufficienti a coprire i maggiori costi produttivi. Infine, la presenza della PSA nel nostro Paese dal gennaio 2022 ha comportato l’adozione di limitazioni all’export dei nostri prodotti verso diversi Paesi Terzi con la preclusione di importanti mercati, quali il Giappone, la Cina o Taiwan. Fatto questo che, al di là del lavoro straordinario fatto delle imprese per cercare nuovi sbocchi e rafforzare le proprie posizioni sui mercati più redditizi, nell’ultima parte dell’anno, quando i tradizionali partner commerciali hanno evidenziato un rallentamento della domanda, ha pesato sulla performance complessiva gettando ombre sul 2023.

E proprio l’anno in corso ha visto una conferma di alcuni trend preoccupanti emersi nel 2022. In particolare, il tema dei costi e soprattutto della riduzione dei margini continua ad essere un punto cruciale perché le carni suine hanno continuato a registrare nei primi mesi dell’anno aumenti importanti per effetto della minore offerta di suini in Italia e nell’UE, mentre i costi dell’energia, pur evidenziando un rientro, rimangono comunque molto elevati circa tre volte superiori rispetto a quelli nel 2019. In questo contesto i consumi continuano a registrare una flessione causa della contrazione del reddito disponibile, provocata dagli ulteriori aumenti dei tassi di interesse e dal perdurare dell’inflazione. La recente alluvione in Emilia-Romagna, infine, ha compromesso i raccolti del 2023 facendo prevedere un nuovo incremento dei costi di grano e mais con il rischio di nuovi aumenti dei costi di allevamento che potrebbero pesare sulla dinamica dell’anno in corso.

I DATI DELLA PRODUZIONE SETTORIALE

Nel complesso del 2022, la produzione di conserve animali e quella di grassi lavorati è risultata in flessione rispetto a quella dell’anno precedente attestandosi a 1,393 milioni di ton da 1,433 milioni di ton del 2021 (-2,8%). L’insieme delle produzioni ha presentato un fatturato di 8.964 milioni di euro, superiore (+2,2%) a quello del 2021 (8.774 milioni di euro). Nel 2022 la produzione di salumi ha evidenziato una flessione in quantità, dopo l’importante incremento registrato nel 2021 e ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,143 milioni di tonnellate da 1,169 del 2021 (-2,2%). È risultato in aumento, invece, il valore della produzione salito a 8.553 milioni di euro (+1,6%) da 8.420 milioni del 2021 spinto dagli aumenti dei costi di produzione. A determinare il calo dei volumi è stata la flessione della domanda interna, cui si è aggiunta nell’ultimo trimestre del 2022 la forte contrazione di quella estera. Dopo il rimbalzo registrato nel 2021, grazie al progressivo superamento dell’emergenza Covid, nel 2022 il mercato ha evidenziato un andamento incerto che si è trasformato in una flessione nella seconda parte dell’anno a causa della perdita di capacità d’acquisto delle famiglie determinata dall’aumento dell’inflazione e delle bollette energetiche.

Come già accaduto nel 2020, il settore ha mostrato una certa resilienza testimoniata dai buoni risultati delle vendite in GDO, ma l’incremento dei costi di produzione ha penalizzato i volumi venduti negli altri canali, che hanno recepito prima gli aumenti. Proprio in questi canali, infatti, i consumatori sembrano aver variato prima le proprie abitudini di spesa, modificando tipologia di prodotti comprati, quantitativi e canali di acquisto. Inoltre, soprattutto nella prima fase dell’anno, si è assistito a un ridimensionamento dei formati di vendita che ha contribuito alla riduzione dei quantitativi venduti come anche la maggiore attenzione delle famiglie che, abbandonata la mentalità della scorta che aveva contraddistinto la fase del Covid, hanno effettuato acquisti sempre più consapevoli e in prossimità delle occasioni di consumo. D’altro canto, gli elevati costi hanno indotto anche le aziende a procedere a un’ottimizzazione dei magazzini riducendo laddove possibile le scorte.

IL VALORE DELL’EXPORT

Per quanto riguarda la domanda estera, il 2022 ha registrato una buona crescita in termini (+7,4% per un totale di 1.991 milioni di euro) ma una lieve contrazione (-0,4% per un totale di 197.800 ton). Un buon risultato, considerando che la presenza della PSA sul territorio nazionale ha determinato la chiusura di alcuni importanti mercati esteri come Giappone, Serbia e Taiwan e l’imposizione di restrizioni da parte di altri mercati, ma che nasconde il forte peggioramento registrato dall’export nell’ultimo scorcio dell’anno, quando, l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse hanno fatto rallentare anche la domanda dei nostri tradizionali partner commerciali, soprattutto quelli comunitari. In generale, l’andamento dei prezzi nell’export è stato migliore rispetto a quello registrato sul mercato interno, dove, come avvenuto anche per altri comparti, la trasmissione degli aumenti dei costi di produzione sul prodotto finale è avvenuta con maggiore lentezza e in maniera parziale stressando i margini aziendali, già messi a dura prova dagli aumenti di energia e gas registrati nel corso del 2021.

I DATI DEI SINGOLI SALUMI

In merito ai singoli salumi, nel 2022, la produzione di prosciutti crudi stagionati, dopo la buona performance del 2021, ha evidenziato una flessione del -1,4% attestandosi a 278.600 ton e un +3,1% in valore per 2.332 milioni di euro. La flessione dei prosciutti crudi è riconducibile alla minore offerta di materia prima nazionale e dall’incertezza circa l’evoluzione degli alti costi di produzione, che nel caso dei prosciutti stagionati, in considerazione dei lunghi tempi di stagionatura richiesti dal prodotto prima della sua immissione in commercio, sono divenuti particolarmente onerosi. In lieve aumento è risultata, invece, la produzione di prosciutto cotto, salita a 289.800 ton (+0,5%) per 2.117 milioni di euro (+4,5%) grazie ad una domanda interna che si è confermata solida. La quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader del settore, ha evidenziato un miglioramento in quantità rispetto all’anno precedente attestandosi al 49,7% dal 48,8% del 2021, e ha evidenziato una crescita più consistente a valore, salendo a quota 52% da 50,9% dell’anno precedente.

Trend positivo anche per la produzione di mortadella, salita a 169.900 ton (+3,7%) per 781 milioni di euro (+9,9%) e per quella dei wurstel, arrivati a quota 62.500 ton (+2,8%) per un valore di 200,4 milioni di euro (+6,3%). Bene in particolare la domanda interna, mentre la domanda estera ha evidenziato una flessione. Nel 2022 è scesa ancora la produzione di speck che si è attestata a quota 31.300 ton (-6,8%) per un valore di 339,6 milioni di euro (-3,5%). In buona crescita è risultata anche la produzione di salame, attestatasi a 125.300 ton (+4,2%) per un valore di 1.162 milioni di euro (7,8%). Un contributo positivo alla crescita della categoria è arrivato ancora dalla domanda estera cresciuta sia a volume sia a valore oltreché al buon andamento dei consumi interni. Ha registrato, invece, un andamento cedente la pancetta che nel complesso dei dodici mesi ha visto la produzione fermarsi a quota 45.200 ton (-1,3%) per un valore di 236,5 milioni di euro (+2,5%). In calo a volume anche la produzione di coppa con 38.700 ton (-0,8%) per 325,5 milioni di euro (+5,4%), così come la bresaola che ha chiuso l’anno con un -6,5% in quantità per 27.600 ton e un +2,0% in valore per 483,4 milioni di euro, fortemente penalizzata dagli aumenti della materia prima oltreché da quelli degli altri costi di produzione.

CONSUMO NAZIONALE DI SALUMI

Nel complesso dell’anno la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 994,1 mila ton (-2,1%) contro 1,015 milioni di ton dell’anno precedente. Il consumo apparente pro capite, considerato l’andamento della popolazione, si è attestato intorno ai 16,7 kg contro i 17,0 del 2021 (-2,1%). Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro capite è rimasto stabile a 28,4 kg (+0,2%) grazie all’incremento registrato dai consumi di carne suina fresca (+3,6%). Nel 2022 i consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati sono scesi a 219.700 ton (-1,2%); quelli di prosciutto cotto sono saliti a quota 276.100 ton (+0,5%).

Sono risultati in aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (+6,0% per 202.100 ton) e quelli di salame, attestatisi a 84.900 ton (+4,2%). Hanno evidenziato un deciso ridimensionamento i consumi di bresaola scesi a 24.000 ton dalle 25.800 dell’anno precedente (-6,9%) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 187.200 ton. (-14,8%). La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,8% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 22,1%, da mortadella/wurstel al 20,3%, dal salame all’8,5% e dalla bresaola al 2,4%. Chiudono gli altri salumi al 18,8%.

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